Archivio mensile:gennaio 2013

Architecture as air: Junya Ishigami’s pavilion for the Venice Biennale 2010.

 

Con il passare dei secoli abbiamo potuto ammirare le tante e straordinarie evoluzioni dell’architettura attraverso l’invenzione di stili diversi, l’uso di nuove tecniche e/o di materiali speciali. Ma a volte la fervida fantasia di architetto può spingersi ben oltre i limiti dell’immaginabile umano cercando di rappresentare addirittura  l’oscillazione in aria di un oggetto e ciò che non è visibile ad “occhio nudo”.

Il geniale architetto giapponese Junya Ishigami, definito da molti critici ragazzo prodigio dell’architettura orientale, noto per aver realizzato opere e strutture che studiano l’oscillazione in aria (come ad esempio il Balloon Cuboid, un pallone dalle esatte sembianze di un pesante monolito che fluttua in aria, che in realtà è un traliccio in alluminio pieno d’elio) è riuscito a creare un’opera così innovativa e sorprendente da meritarsi il Leone d’oro per il miglior progetto alla Biennale di Architettura 2010 svoltasi a Venezia: il padiglione giapponese dell’Esposizione alla Biennale è stato concepito dall’architetto come qualcosa che si trova a metà tra l’architettura vera e propria e un “modello”. La struttura aveva una larghezza di 4 metri, una profondità di 14 metri e un’altezza di altri 4 metri. La sua peculiarità stava nel fatto che non fosse visibile ad una prima occhiata: infatti il modello presentava le dimensioni di un edificio ma i suoi elementi strutturali erano incredibilmente sottili, con colonne e travi di 0,9 mm e 0,02 mm di spessore realizzate realizzate in una fibra di carbonio, praticamente, quasi invisibile e impercettibile.

Ishigami ammette che questo modello era probabilmente irrealizzabile come “struttura” vera e propria. Infatti il suo intento è stato quello di utilizzare, attraverso il progetto del padiglione, l’architettura al fine di dare un senso di trasparenza (il quale fino ad allora richiamava solo l’immagine di opere fatte con materiali come il vetro, il plexiglass…) e di edificare una sorta di costruzione fatta di aria.

Il lavoro è stato commentato dai migliori critici come una visione “unica ed eccezionalmente rigorosa”, un lavoro che spinge all’estremo i limiti della materialità, visibilità, leggerezza e dell’architettura stessa.

A limitless project: Guggenheim Museum of Bilbao

La città spagnola di Bilbao deve la sua fama nel mondo come meta apprezzata dagli amanti dell’architettura contemporanea ad un progettista, indiscusso maestro del decostruttivismo, Frank Gehry e ad  dei suoi più grandi ed importanti capolavori, il Museo Guggenheim, appartenente all’omonima catena di musei.

Il museo è stato definito da Philip Johnson come il più grande monumento di un’intera
generazione di architetti, probabilmente per il suo differenziarsi da qualsiasi altro tipo di edificio e per la sua imponente struttura avveniristica, progettata con la tecnologia computeristica più avanzata, la stessa che si adopera nella progettazione di aerei militari. Inaugurato il 18 ottobre 1997, è stato capace di colpire l’attenzione del pubblico mondiale, diventando un curioso punto di riferimento per l’architettura contemporanea. Il Guggenheim inoltre ha messo in secondo piano ogni altra immagine, positiva e negativa, del luogo in cui sorge: se in passato il Paese Basco e,appunto, la città di Bilbao appunto, erano legati alle bellezze della costa atlantica e alle scelleratezze ricorrenti della formazione terrorista basca (Eta), oggi la fisionomia della città e della regione è definita, per chiunque, dalla mole sorprendente del monumento che viene considerato di gran lunga importante rispetto alle opere che contiene. Possiamo dire che Gehry, oltre a realizzare un colosso architettonico, ha contribuito a migliorare l’umore degli abitanti del posto, che, addirittura, sono così fieri di possedere tale opera nel proprio paese da esporre con immenso orgoglio la foto del Guggenheim nelle vetrine dei propri esercizi commerciali come salumerie, botteghe, antiquari.

Effettivamente un edificio così “insolito” ma contemporaneamente fantasioso e “libero” non si vede tutti i giorni; Gehry esprime in un’intervista i suoi pensieri riguardo la sua creazione:

“Sotto molti aspetti questa è stata la mia committenza più eccitante. A Bilbao abbiamo sviluppato processi costruttivi che useremo nel futuro. L’avanzatissima tecnologia computeristica utilizzata persino dell’aeronautica, ha abolito le costrizioni strutturali; così è stato possibile edificare il museo con un investimento finanziario ragionevole. Ho imparato, in questo cantiere, che possiamo controllare i costi. […] C’erano migliaia di pezzi d’acciaio, molti non diritti. E non era un sistema modulare regolare, c’erano lunghezze x, y e z. Un impresario edile che avesse dato un’occhiata alla faccenda, si sarebbe messo le mani nei capelli e avrebbe raddoppiato il prezzo, convinto comunque che si trattasse di un piano di lavoro infinitamente mutevole e, in ultima analisi, irresponsabile. Ma noi, col computer, abbiamo fatto tutti i profili. Ogni pezzo di metallo è stato esattamente numerato e dettagliato, fino a precisare la posizione dei fori. Poi abbiamo indetto la gara d’appalto, consegnando il software a tutti i concorrenti. E tutti sono tornati con dei preventivi di almeno il 18 per cento sotto il budget!”.

Possiamo dedurre, quindi, che il  Museo Guggenheim è un progetto innovativo che presuppone l’uso di materiali innovativi: 33000 lastre di titanio, realizzate per durare cent’anni, ricoprono buona parte della superficie esterna e 2500 lastre di cristallo costituiscono invece le parti trasparenti dell’edificio, strutturate in doppio cristallo termico per da proteggere l’interno dal calore e dalle irradiazioni solari.

Due elementi degni di nota, che ormai sono parte integrante dell’intero complesso sono il gigantesco ragno che accoglie i visitari all’entrata del museo e, dopo essere usciti all’esterno della struttura, Puppy, il cane alto 12 metri, realizzato in fiori da Jeff Koons. Effettivamente una meraviglia come il Guggenheim non poteva aspirare a guardiani migliori!

Calatrava’s masterpiece: the City of Arts and Sciences of Valencia

I progetti del visionario architetto spagnolo Santiago Calatrava mostrano un’unità profondamente umanistica combinando intelligenza razionale e armonia delle forme.

Sicuramente uno dei lavori più conosciuti e particolari dell’architetto è quello di Valencia, attuato nel complesso della “Città delle Arti e delle Scienze”. Inoltre Calatrava sempre a Valencia ha progettato il noto ponte Alameda, altro celebro lavoro compiuto nel territorio spagnolo. Il centro delle Arti e delle Scienze è composto da cinque diverse strutture divise nelle tre rispettive aree tematiche, Arte, Scienza e Natura, viene definito un capolavoro di tecnologia e architettura post-moderna e rappresenta uno dei maggiori poli attrattivi per i turisti; si estende sul letto del fiume Turia, ora definitivamente deviato dopo alcuni straripamenti avvenuti in passato. Architettonicamente il complesso si divide in 4 grandi edifici dallo stile costruttivo originale:

– L'”Hemisfèric”, una struttura dedicata alla proiezione delle pellicole cinematografiche. D’effetto sono la forma “oculare” dell’edificio e il grande schermo concavo che sovrasta gli spettatori.

– Il “Palau de les Arts”, dedicato alla musica, all’arte, ai concerti e alla diffusione di tutte le arti sceniche.

– L'”Umbracle”, una sorta di “giardino d’inverno” di nuova generazione, con tante piante di specie diverse.

– Il “Museo de las Ciencias”, dove turisti e studiosi potranno trovare esposte tutte le novità scientifiche. La struttura dell’edificio ricorda la scheletro di un dinosauro.

Inoltre ci sono altre tre “parti” complementari, cioè:

– L'”Oceanografico”, un’immenso ed importante acquario a livello europeo.

– Il “Pont de l’Assut de l’Or”, noto come punto più alto della città.

– L’Agorà.

Per via del grande afflusso di turisti, il centro ha organizzato una fitta rete di negozi, bar e ristoranti al suo interno. Per entrare nelle varie strutture si paga un biglietto di pochi euro. I mezzi di trasporto pubblici permettono di raggiungere il luogo agevolmente. Tutti questi servizi contribuiscono a rendere questo importante complesso architettonico, ma allo stesso tempo, scientifico, naturalistico e artistico, un luogo interessante ed interattivo.